Descrizione del sentiero

. Inserito in Sentiero della Terra

Sentiero della Terra: la geologia, la storia locale e l’utilizzo delle rocce da parte dell’uomo.

Si sviluppa per lo più a fondovalle ed è articolato nelle seguenti tappe: San Lucano (Pannello 3), Mezzavalle (Pannello 4), La Calchera (Pannello 5), Sentiero Cozzolino (Pannello 6), Frana di Prà e Lagunàz (Pannello 7), Col di Prà (Pannello 8), La sezione ad “U” (Pannello 11), Pont (Pannello 12)

Partenza: Taibon Agordino
Lunghezza: 9 km;
Dislivello: 550 metri circa
Tempo di percorrenza (a piedi) una intera giornata.

Guida al percorso

Dal Municipio di Taibon Agordino si procede per 400 metri verso la località Pèden, da qui si gira a sinistra per Villanova.

Lasciata Villanova si attraversa il borgo di Forno di Val, il toponimo fa riferimento alle fucine e ai forni per la lavorazione dei metalli presenti nella zona fino al XIX secolo. 

Appena fuori dal paesino, sulla destra, si stacca una breve strada (700 metri dalla fontana) che conduce ad una cava abbandonata che sfruttava i detriti scaricati dal canalone della Roa del Forn.

Dalla strada si può accedere all’impegnativo sentiero CAI n. 765 che risale il severo Boral della Besausega e raggiunge il Bivacco Bedin sulla Prima Pala di San lucano.

In alto sulla destra è visibile il Campanile della Besausega un torrione di roccia che si eleva per una trentina di metri dal ripiano sommitale della seconda Pala, fra il Boral della Besausega e il Boral del Mul.

Si continua lungo la strada che costeggia il T. Tegnàs, alla base delle Piaie de Prombiànch e giunti al bivio per il laghetto delle Peschiere si prosegue sulla strada principale che attraversa l’unghia del conoide di deiezione del Boral della Besausega, completamente ricoperto da massi e detriti. Al di sopra del muro di sostegno, danneggiato in più parti da massi rotolati dal pendio sovrastante, spuntano massi di dolomia anneriti dall’alterazione meteorica e biologica. In alto in sinistra orografica del Boral della Besausega si notano i “Piloi” dei possenti torrioni di roccia ingrigiti dalla vegetazione che si staccano dalla Prima Pala di San Lucano, come dei gendarmi a guardia del Boral della Besausega. Questa tipologia di paesaggio è collegato alla presenza di un sistema di faglie e fratture disposto all’incirca in direzione NE-SO che hanno guidato l’erosione degli agenti esogeni.

Poco oltre, a valle della strada, si può notare un’opera di presa nella quale vengono captate le acque di una sorgente nota come “i Fontanoi”. Si tratta di una emergenza idrica di tipo secondario, l’acqua proveniente dalle Pale di San Lucano, dopo essere penetrata nella coltre detritica che contorna le pareti, riemerge in superficie a causa della minor permeabilità dei depositi alluvionali (a volte sabbioso-limosi) di fondovalle rispetto ai detriti di falda e frana. Altre sorgenti dello stesso tipo sono presenti sotto le Piaie di Prombianch (sorgente Prombianch) e poco oltre la chiesetta di San Lucano (Scalette).

Giunti all’area “pic-nic” (900 m dal bivio Peschiere) si può cogliere il senso della frase di Dino Buzzati relativo alle Pale di San Lucano:

…(e di fronte, appena oltre il torrente più modeste ma non meno allucinanti, le muraglie delle Pale di San Lucano stanno).

(Dino Buzzati. “Cordata di tre” in «Corriere della Sera», 23 giugno 1956).

Le pareti verticali e strapiombanti della seconda Pala, alte più di 1300 metri, incombono, a breve distanza, sulla strada, più avanti compare l’immensa fessura del Boral di San Lucano.  Di fronte all’area pic-nic una traccia di sentiero sale verso la base della seconda Pala inizialmente sul pendio di una cava abbandonata. Lungo il canalone soprastante affiorano strati della Formazione di Agordo dai quali è stata estratta una interessante flora fossile del periodo Anisico (247-242 milioni di anni fa).

Continuando per altri 250 metri si raggiunge la chiesetta di San Lucano (200 m dall’area pic-nic) è ubicato il Pannello 3.

Continuando per altri 250 metri si raggiunge la chiesetta di San Lucano (Pannello 3).

Dalla chiesa si continua lungo la strada posta fra il T. Tegnàs e i macereti di frana a grossi massi che si estendono alla base delle Pale. Dopo circa 700m si raggiunge una seconda seconda area pic-nic, ammirato il panorama, solo 500 metri ci separano da Mezzavalle (Pannello 4).

Da Mezzavalle si procede sempre lungo la strada con la “minaccia” della parete verticale (alta 1400 metri) della Terza Pala di San Lucano, resa evidente dalla diffusione di massi ciclopici presenti lungo il versante.

Dopo 700 metri si raggiunge una antica fornace di calce, detta in dialetto locale “calchera”, recentemente ripulita dal volontariato locale, ove è sito il Pannello 5

Dopo la visita alla “Calchera” si continua sulla strada per circa quattrocento metri; su un masso a destra della sede stradale si può osservare una targa che ricorda la prima salita dello spigolo Nord dell’Agnèr nel 1921, da parte di F. Jori, A. Zanutti, A. Andreoletti.

Cinquanta metri dopo si abbandona la strada principale per una stradina laterale che permette di oltrepassare il T. Tegnàs e di imboccare il sentiero che conduce al Bivacco Cozzolino, alla base dello spigolo Nord dell’Agnèr. Il sentiero si fa subito stretto e ripido, non adatto a tutti, e sale attraverso un macereto di frana a massi ciclopici. Si tratta della parte superiore (emersa) di una enorme frana postglaciale proveniente dal versante Agnèr, riconosciuta, grazie a prospezioni sismiche effettuate nella valle, anche al di sotto della attuale superficie topografica. In circa 30 minuti di salita si raggiunge un punto panoramico verso le Pale di San Lucano (Pannello 6).

Effettuate le osservazioni geologiche si ritorna per lo stesso sentiero alla strada di fondovalle per procedere in direzione di Col di Prà. Dopo trecento metri circa si arriva alle rovine della frazione di Prà, testimonianza della Frana di Pra e Lagunaz del 1908. (Pannello 7)

Proseguendo circa quattrocento metri, inoltrandosi ulteriormente nella valle, si giunge all’abitato di Col di Prà, costruito sull’unghia del conoide alluvionale del Torrente Bordina, in vista della parete Nord del Monte Agnèr. Qui, nel piazzale del parcheggio è sito il Pannello 8 ed è possibile osservare la Spigolo Nord dell’Agner e la Frana del Piz.

Dal parcheggio di Col di Prà si prosegue lungo la strada in direzione di Pont; superato il ponte (provvisorio) che sostituisce quello divelto dal T. Bordina durante la Tempesta Vaia si continua salendo lungo la strada militare che sale con pendenza dolce e costante fino a quota 1088 m s.l.m., Pannello 11 .

In alternativa, dopo qualche centinaia di metri dal primo tornante della strada militare (ove è ubicato il Pannello 10), si può imboccare il sentiero CAI n. 761 che conduce a Pont. Lungo il sentiero si incontra una sorgente carsica diffusa dal regime molto variabile, che solitamente scompare nelle estati secche. Poco più avanti camminando si ha una netta sensazione di fresco infatti da una fessura nel detrito esce un leggero flusso d’aria decisamente fredda. Ci troviamo su un grande corpo di frana (come abbiamo visto si tratta di una Deformazione Gravitativa Profonda di Versante), molto probabilmente questa fenditura è in comunicazione con l’esterno, tramite una rete di vuoti, a una quota più alta. L’aria fredda invernale scende attraverso le cavità richiamando nuova aria dalla zona circostante, il flusso d’aria gelida continua a raffreddare l’ambiente sotterraneo creando all’interno delle cavità dei depositi di ghiaccio che anche a stagione avanzata continuano a raffreddare l’aria che fluisce dall’alto attraverso le fessure delle rocce.

Si procede lungo il sentiero fino ad incrociare la strada militare a quota 1088 m s.l.m. circa, dove è sito il Pannello 11 ed è possibile osservare lo splendido panorama sulla grande sezione compresa fra Terza Pala e Agnèr

Proseguendo la strada militare in direzione Pont, dopo circa 500 metri, si raggiunge la località Pont (1149 m s.l.m.) (Pannello12) ove si può ammirare una bella cascata scolpita nel Calcare di Morbiac e, esplorando nella zona in sinistra idrografica, ci si può imbattere nei resti di un’attività estrattiva abbandonata ormai da tempo.

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